I taccuini di Tarrou – 206

Dostoevskij non è soltanto Memorie dal sottosuolo, Delitto e castigo, L’idiota, I demoni, I fratelli Karamazov. Dostoevskij è anche La mite Il sogno di un uomo ridicolo, in cui la sua grandezza si manifesta in piccoli, straordinari momenti, come quando la mite pensa di uccidere il marito, puntandogli la pistola alla tempia, credendolo addormentato, o come quando l’uomo ridicolo scorge in cielo, nella più cupa e nera delle notti, una piccola stella e decide in quell’istante di togliersi la vita.

È singolare il destino di questi due personaggi, meno monumentali di quelli dei grandi romanzi di Dostoevskij, certo, ma egualmente luminosi e significativi: la mite pensa di uccidere, ma non lo fa, e si toglie infine la vita; l’uomo ridicolo pensa di suicidarsi, anzi, decide di suicidarsi, ma non lo fa, divenendo infine una sorta di predicatore della Verità. Due destini legati dal suicidio, ma dagli esiti opposti.

L’ultima fotografia di Dostoevskij, scattata da Panov nel 1880, a Mosca, sei mesi prima della sua morte
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